Benvenuti nel Paese della riconciliazione.
Nel Paese della riconciliazione si accomunano (nel rispetto e nell’omaggio) i familiari di tutte le vittime di una stagione di odio e violenza. Una stagione tra le tante, la nostra storia ne è piena.
Ma nel Paese della riconciliazione facciamo di più:
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si ricordano le figure degli
innocenti che siano stati due volte vittime, la prima di pesantissimi infondati
sospetti; la seconda di un’improvvisa e assurda morte.
Non è semplice vivere nel Paese
della Riconciliazione, tantomeno esserne Presidenti. Ruolo delicatissimo, che
il Nostro Napolitano svolge egregiamente. Con la sua figura che definirei
stentorea. Bello, il classico nonnino buono che vuole bene a tutti.
Dicevamo.
In questo Paese riconciliamo
tutte le posizioni. E non è esercizio demagogico o ipocrisia. Noi siamo
fermamente convinti che i contrasti vadano appianati, dopo 30 40 50 o (ancora
meglio) 60 anni. Nel rispetto e nell’omaggio di tutte le vittime. Nel rispetto
e nell’omaggio della condizione di vittima, di qualsiasi vittima. Senza
giudicarne la vita – o addirittura le scelte. Una volta morti, pari siamo: Totò
la chiamava livella.
Noi pensiamo che tutti i morti
siano uguali, in verità. Non spetta a noi il giudizio sulla loro vita. E una
volta morti, dobbiamo rendere loro omaggio. Porgere l’altra guancia, una
seconda volta. Riappacificare.
Come ci insegna il buon Dio. O
chi ci promette in nome suo un posto in prima fila in quella che chiamano vita
eterna. Senza più tempo, né storia. Senza più carnefici né vittime: solo figli
di Dio. Riappacificati.
Fine.
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